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Non si può combattere la calvizie con gli integratori alimentari: condannata la produttrice del Bios


Ciò in quanto negli spot televisivi e nei messaggi diffusi tramite stampa e internet, il prodotto veniva presentato come avente il potere di arrestare la calvizie mentre era efficace soltanto nella cura del Defluvium telogenico, ovvero la perdita temporanea di capelli.

Quotidiano del 20 settembre 2017

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha sanzionato la scorrettezza della pratica commerciale posta dalla GIULIANI SPA, consistente nella reclamizzazione ? posta in essere nel periodo tra il febbraio 2008 e il marzo 2009 ? del prodotto «Bioscalin con biogenina» ed il Giudice amministrativo ha ritenuto legittimo il provvedimento. La campagna pubblicitaria si articolava in spot televisivi di durata compresa tra i 5 e 7 secondi sui principali network televisivi nazionali, inserzioni sulla stampa e su internet. Secondo la AGCM i predetti messaggi sarebbero ingannevoli in quanto idonei, per le loro concrete modalità grafiche e di rappresentazione, ad indurre nei consumatori la convinzione ? non rispondente a verità ? che il prodotto sia efficace per risolvere qualsiasi patologia connessa con la caduta (definitiva) dei capelli, tra cui la calvizie, laddove invece il prodotto avrebbe efficacia circoscritta ai soggetti affetti perdita temporanea ed eccessiva di capelli (c.d. «Defluvium telogenico»).

Il tipo di risultato ottenibile da un prodotto per capelli ? prospettato nella specie come avente il potere di arrestare la calvizie ? è in linea di principio un elemento determinante nella mente del consumatore medio nel momento in cui egli deve prendere una decisione di natura commerciale, ancor di più se si considera la particolare vulnerabilità dei consumatori afflitti da un disagio derivante dal problema estetico connesso alla perdita dei capelli.

Principio di chiarezza e completezza nelle comunicazioni pubblicitarie. Le argomentazioni con cui la società produttrice ha contestato la mancanza di un apprezzabile pregiudizio economico derivante ai consumatori dai messaggi sanzionati, stante possibilità per i consumatori di ricevere tutte le informazioni rilevanti attraverso numerosi altri mezzi di comunicazione messi a loro disposizione (in particolare un sito internet dedicato), sono state ritenute dalla Sezione destituite di fondamento. Secondo la giurisprudenza, infatti, è stato ricordato, il principio di chiarezza e completezza nelle comunicazioni pubblicitarie si impone fin dal primo contatto con il consumatore, con la conseguenza che il rinvio a ulteriori fonti di informazione, tra l'altro di consultazione solo eventuale, non consente di sanare ex post l'inadempimento dell'onere informativo imposto all'operatore.

Al fine di qualificare una pratica commerciale come scorretta è poi sufficiente, precisa la sentenza, dimostrare la loro potenzialità lesiva per le scelte che i consumatori devono poter porre in essere, al di fuori da condizionamenti decettivi. Il bene giuridico tutelato, infatti, è soltanto indirettamente la sfera patrimoniale del consumatore: in via immediata, attraverso la libertà di scelta si vuole salvaguardare il corretto funzionamento del mercato concorrenziale. Il dispositivo giuridico ha cioè di mira l'«attività» e non il singolo rapporto negoziale.

Fonte: Diritto & Giustizia, fasc.147, 2017, pag. 6 Autori:Marilisa Bombi


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